Temi dell'Agorà / Pensare altrimenti

Altro che immigrazione. È deportazione dall’Africa di nuovi schiavi 

pubblicato il 02 Luglio 2018

Diciamolo senza perifrasi. Contro ogni diritto del mare, le navi private deportatrici imbarcano esseri umani nelle coste della Libia destabilizzata dall'Occidente e dal suo bieco imperialismo umanitario (2011) e li deportano in massa in Italia. Dico contro ogni diritto del mare, perché tale diritto prevede che i salvati siano condotti nel porto sicuro più vicino. Il quale, dalla Libia, non può essere in Italia. Perché ciò avviene? Sono navi private e la logica del privato sappiamo qual è: business is business. Non salvare, ma fare profitto. Non integrare, ma lucrare. Non accoglienza di vite, ma tratta di nuovi schiavi. A che scopo? Chi ha interesse a questo disumano neocolonialismo postmoderno? I padroni del capitale, la classe dominante turbocapitalistica. Essa deporta nuovi schiavi dall’Africa, forza lavoro docile e supersfruttabile (campi di pomodoro, ecc.). E in tal guisa, abbassa i salari della classe operaia nel suo complesso, autoctona e migrante. Inoltre, la classe dominante crea scontri orizzontali tra gli ultimi. I quali, anziché lottare verticalmente contro l'alto, lottano ora in orizzontale dividendosi tra migranti e autoctoni, bianchi e neri. Le sinistre cosmopolite, per parte loro, con i loro utili idioti al servizio del capitale, ci mettono la legittimazione culturale: elogio lacrimevole dell'immigrazione di massa, glorificazione delle navi deportatrici, delegittimazione di ogni regolamentazione (subito etichettata come autoritaria e fascista).

Ormai è, o dovrebbe essere, chiaro. Società aperta, mente aperta, porti aperti: tutto aperto, perché tutto sia svuotato. È il sogno del turbomondialismo capitalistico: la riduzione del mondo a mercato planetarizzato con libera circolazione onnidirezionale delle merci e delle persone mercificate.

L'ennesimo naufragio terribile e inaccettabile è avvenuto pochi giorni addietro. A 6 km dalle coste libiche, a 340 km dalle coste di Malta e a 445 km (sic!) dalle coste dell'Italia. E i soloni del progressismo, i cultori della terzomondizzazione dell'Europa e gli aedi del cosmopolitismo capitalistico vanno ripetendo senza sosta che l'accaduto è colpa dell'Italia. La logica è stravolta, la sottocultura irrazionale delle emozioni prevale, con immancabili immagini strappalacrime usate ad hoc. Sui rotocalchi nazionali è un susseguirsi di titoli lacrimevoli sul tema migranti. Eppure, quando vennero massacrati nel sangue i lavoratori a colpi di jobs act e riforma Fornero, non una parola. Del resto, l'immigrazione di massa serve essa stessa a massacrare meglio i lavoratori: togliendo loro i pochi diritti sociali rimasti, abbassando mostruosamente i loro salari e inducendoli a pensare che i nemici siano i migranti e non coloro che li deportano per massacrare al meglio la classe lavoratrice.

E poi v'è l'immancabile Boeri, che così pontifica, con lo ieratico timbro del sacerdote della globalizzazione dei mercati: "calo immigrati è un problema serissimo per le pensioni da pagare" ("Il sole 24 ore").
Insomma, vi sono ottimi motivi per deportare nuovi schiavi dall’Africa su barche private: 1) lavorano a costi bassissimi (abbassando i salari degli autoctoni) , 2) ci pagano le pensioni.
Il re è nudo. 

D. Fusaro

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