“Possono il linguaggio, la parola, la poesia e l’arte essere ridotti ad un semplice prodotto commerciale? Questa è la domanda che (mi) ci affligge; o meglio, ad affliggere è la risposta, che risuona beffardamente affermativa. Attualmente si assiste alla parata ben orchestrata del potere degli epigoni, contemporaneamente a una paralisi intellettuale estremamente evidente, in questo particolare e difficilissimo momento storico che subiamo, purtroppo, da lungo tempo.” (Le parole citate, tratte dallo scritto “Il piacere fuggitivo della circostanza”, sono state stilate dal Gruppo culturale Zaum – di cui sono uno dei fondatori –, e in particolare dal testo programmatico definito “Filosofia Zaum”, pubblicato nell’aprile del 2016 – vedi: http://www.gruppo-zaum.com/il-piacere-fuggitivo-della-circostanza/)
Quale senso dare alla poesia? perché scrivere poesie – oggi – nel tempo dell’agitazione frenetica, compulsiva: individuale e collettiva? è necessario comporre agili versi o lunghe liriche? si scrivono poesie per un fine “giusto” – per un preciso “ideale” – o soltanto per il semplice concetto: ”Poesia per Poesia”: come “Arte per Arte”? come “oggetti” poetici seriali: industriali? decorazioni grafiche?
Attualmente per creare qualcosa di nuovo – o semplicemente per creare qualcosa di valido – è necessario sfuggire alle attuali dottrine; bisogna essere ostinatamente contro corrente e perseguire una strada eticamente incorruttibile: diversamente si potrebbe correre il rischio di ripersi e questo all’infinito. Nessuna idea, nessun pensiero e nessuna Arte. Inoltre – oggigiorno – è opportuno/conveniente abbandonare le incessanti distrazioni “contemporanee”, tutte quelle armi di “disattenzione di massa”, che impediscono alle nostre menti di creare, di pensare e di amare; siamo vittime di un carnefice incorporeo, astratto e al contempo materialissimo che paralizza e atrofizza le nostre teste. Cosa rimarrà della nostra società odierna un domani? soltanto “gelidi” oggetti industriali-materiali?
La poesia oltre a essere un momento di riflessione personale – una meditazione solitaria costante/perenne – è anche un romantico “sentiero” linguistico. Possiamo – dunque − con l'aiuto dei versi lirici esprimere – nel modo più sintetico immaginabile possibile – la realtà vissuta attraverso una condensazione del pensiero attivo in forma primordiale, mediante una visione stereoscopica totale. Più precisamente possiamo esprimere esternamente ciò che è presente nel nostro soffio interno – il nostro “ànemos” vitale – e far sì che il lettore “illuminato” possa naturalmente esser indotto a soffermarsi su ogni singolo vocabolo ispirato/lirico/stillato congliendone così il significato più caratterizzante attraverso un serbato volo pindarico.
Leggendo le liriche della poetessa Bianca Bi – e in particolare la silloge ”Penultimi Passi” (edita dalla córdovaedizioni e dal Gruppo culturale ZAUM) – è possibile percepire, all'istante, una intrinseca genesi melodica/armonica nelle sue attraenti e originali liriche. La sua linea melodica ben strutturata – percepibile già dai primi versi delle silloge – è sorretta da un suo personale concetto e linguaggio poetico. La poetessa ha capito – senza dubbio – qual è la strada giusta da percorrere in questo preciso momento storico, e quale strada abbandonare per non venire inghiottiti dal mostruoso animale amorfo omologante: il cosidetto “mercato globale”.
Oggi nel periodo della mercificazione omnicomprensiva e omniinvasiva – che tutto avvolge, consuma e divora – le poesie di Bianca Bi risuonano perpetuamente/ostinatamente nelle orecchie e nel petto di chi ha l’opportunità e la fortuna di coglierle/scovarle.
È interessante, inoltre, afferrare sincronicamente il concetto di verso lirico e l’effetto acustico generato dalle nostre umane corde vocali.
La poetessa Bianca Bi accosta pregevolmente la scrittura poetica alla scrittura musicale: un lavoro parallelo − come un unicum sperimentale – imbastito e ampliato con indiscutibile maestria. Le due arti – un tempo unite – oggi sono pensate come a sé stanti e rilegate/collocate in luoghi sempre più distanti e incomunicanti. Al riguardo il grande poeta statunitense Ezra Pound, nel maggio del 1919 nel libro intitolato “Trattato d’armonia ed altri scritti musicali” (Passigli Editori, 1988), afferma: “La poesia contemporanea […] è, penso, molto monotona e vi è pochissima invenzione ritmica; tuttavia, gli scrittori attenti alla melodia farebbero, se fossero seri nel loro proposito tecnico, maggiori sforzi per unirsi ai musicisti e i musicisti tenterebbero di imparare qualcosa dagli autori circa i punti di contatto tra le due arti; e inoltre: «…la perfetta unione di parola e suono è cosa così sottile e rara che, una volta raggiunta, nessuna alternativa può soddisfare…».
La dialettica della compiuta unione di parola e suono è pratica costante nei versi della poetessa Bianca Bi, e leggendo la poesia “A volte i tuoi occhi sono come gli stormi” è credibile come la ricerca del senso/sentimento di ogni oggetto e soggetto – e cioè dal piccolo filo d’erba al subinconscio umano stabile nel mondo e, dunque, del significante di ogni azione/reazione generata – è ricorrente nel lavoro della poetessa. Bianca Bi, di conseguenza, oltrepassando il concetto stesso di realtà, mostra a tutti noi – attraverso i versi poetici e la musica cantautorale – ciò che la realtà concreta cela, rendendo visibile l’invisibile e spingendosi con la sua anima sensibile verso un altrove ignoto e sconosciuto ai più. A questo proposito il poeta gallese Dylan Thomas affermò: «Io non voglio esprimere soltanto ciò che altre persone hanno sentito; voglio lacerare qualcosa e mostrare quanto non hanno mai veduto»[2] (nota 2: citazione tratta dal libro su Dylan Thomas: “Ritratto del poeta attraverso le lettere”, a cura di Constantine Fitzgobbon, traduzione di Bruno Oddera, Einaudi, 1970).
A volte i tuoi occhi sono come gli stormi
a volte i tuoi occhi sono come gli stormi,
io non li conosco.
non so dire su quali superfici
si siano appena mossi,
sopra quali altri oggetti andranno
a posarsi dopo avermi percorso
quel poco.
e arriva un’apnea che si finge riposo del vento
il timore di un cielo acquattato sotto un vaso
e mi scordo dei nomi tranne per questi pezzetti
del tempo che chiamo piccoli addii
e le scarpe scomposte buttate
un po’ a caso
sembrano darmi ragione.
infine anch’io ho le sembianze di un vaso
e in agguato un silenzio…
perché dimmi come si fa a respirare,
parlare
stando nel mentre delle cose
– né a capo né a fine –
nel mentre di uno sguardo
in un frangente del precipitare
nel dovunque del cielo.
(Poesia “A volte i tuoi occhi sono come gli stormi” contenuta nella silloge “Penultimi Passi”, Bianca Bi, prefazione della poetessa Cristina Bove, 2019. È possibile scaricare gratuitamente l’ebook della silloge “penultimi passi” della poetessa Bianca Bi dal sito internet del Gruppo Zaum: http://www.gruppo-zaum.com/2019/02/09/penultimi-passi-2019/)
Nei testi di Bianca Bi l’impegno poetico e cantautorale è ben visibile e la qualità delle sue opere è concretamente valido e riconoscibile.
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