La macchina da scrivere è il caso esemplare di un’invenzione italiana che viene copiata e la cui paternità viene poi attribuita ad altri progettisti d’oltreoceano. Quindi Antonio Meucci non fu il solo a subire la sorte ingiusta del plagio.
Stessa avventura toccò infatti anche ad un avvocato di Novara, Giuseppe Ravizza (1811–1885), il primo a creare una macchina a scrittura visibile precedendo di circa un ventennio ogni altro inventore. Ravizza fortunatamente la brevettò a Torino il 1° settembre 1855 lasciando perciò traccia ufficiale del suo progetto.
Si trattava di uno strumento rivoluzionario di scrittura, il “Cembalo Scrivano”, così denominato perché presentava una piccola tastiera simile a quella dei cembali sulla quale erano dipinte le lettere dell’alfabeto e i vari segni di punteggiatura.
Quando Ravizza morì a Livorno il 30 ottobre 1885, povero e solo, in Italia si diffuse la macchina da scrivere Remington, favorendo l’errata convinzione della paternità americana.
Nel 1868 l'americano Christopher Latham Sholes (1819 – 1890) brevettò infatti, per conto della azienda statunitense, un apparecchio che si basava su principi del tutto identici a quelli della macchina di Ravizza. Poiché il Cembalo Scrivano era stato esposto anche in Inghilterra nel 1865, si pensa che Latham Sholes lo avesse visto proprio a Londra e lo avesse copiato.
A conferma di ciò, basti pensare che il prototipo italiano presentava dei congegni in più rispetto alla macchina della Remington trai quali la possibilità di ottenere, a seconda dell'esigenza, le lettere maiuscole o minuscole e la presenza di un campanellino che suonava a fine riga.
Ravizza aveva costruito il primo modello già nel 1837, utilizzando i tasti di un pianoforte. La variante brevettata nel 1855, dotata di 32 tasti, era una versione intermedia delle 17 messe a punto nel corso degli anni. Quella quasi definitiva venne presentata l’anno dopo all'Esposizione Industriale di Novara dedicate alle "Arti e alla Tecnica", dove fu premiata con una medaglia d'oro commemorativa senza però trovare nemmeno uno sponsor che ne finanziasse la produzione industriale.
Nel 1857 all'Esposizione Industriale di Torino furono presentati tre diversi esemplari di questa strana macchina, ma pochissimi visitatori vi prestarono attenzione e, la stessa giuria, che distribuiva con generosità medaglie d'oro e d'argento, concesse a Ravizza soltanto una medaglia di bronzo. In quella occasione la macchina però venne posta in vendita al prezzo di 200 lire e tra i pochi acquirenti si ricorda vi fosse la Baronessa svedese Elisabetta Klinckowstrom.
Ravizza nel 1881 riuscì a realizzare il sedicesimo modello del Cembalo Scrivano a scrittura visibile. Con questa versione finalmente, si poteva leggere quanto scritto man mano che veniva digitato. Nello stesso anno ottenne per questo ultimo modello una "onorevole menzione" all'Esposizione di Milano.
Il povero inventore, che si dice avesse investito nell’idea la cifra esorbitante di 10.000 lire, imputava la colpa dell'insuccesso alla cattiva esecuzione, ma la ragione in realtà risiedeva nell’incomprensione da parte dei suoi contemporanei.
A 74 anni, stanco, deluso e malato riportava nel suo diario: « Ormai di questa macchina, cura precipua di tutta la mia vita, comincio a disperare. Benché così presso al trionfo, vedendo che la mia salute non accenna a migliorare, temo che non mi basti la vita. Sia fatta la volontà di Dio. »
Dal Cembalo Scrivano al Personal Computer la storia è lunga e passa attraverso altri italiani ma soprattutto passa da Ivrea.
Camillo Olivetti, che per primo iniziò la produzione industriale della macchina da scrivere in Italia con la famosa M1 nel 1911, rivendicò sempre il ruolo svolto dai nostri inventori, affermando, in un discorso del 1927 in occasione proprio di un evento commemorativo dedicato a Ravizza, che la macchina ideata dall’avvocato novarese nel 1855, conteneva gran parte delle innovazioni perfezionate dalla Remington e dalla Underwood.
A conferma delle sue convinzioni, è poi anche noto, che tentò inutilmente, in più occasioni, di acquisire dagli eredi di Ravizza alcuni modelli del Cembalo Scrivano.
Una vita spesa per un nobile ideale avrebbe meritato altre ricompense morali e materiali. Invece le difficoltà economiche degli ultimi anni e la presenza dei familiari che non comprendevano il valore del suo lavoro impedirono a Ravizza di perfezionare la sua macchina.
La fortuna realizzata dalla Remington non poté che suscitare in lui amari commenti: «Io languisco, il mio imitatore o contraffattore Remington nuota nei milioni, mentre io sono malato ed invecchio».
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