Temi dell'Agorà / Nazionalpopolarte

Il Crocus minimus in fiore e il Messo Celeste in quest’era buia. Uno stabilimentum caratterizzante.

pubblicato il 15 Dicembre 2020

Sboccia!
Un’ombra: un gesuitico ragionamento nuovo: un preciso ordine iconoclasta: un taglio di luce immane. Ah, complesso prodotto di forma: sacra/multiforme/austera!

Iperfagia parassita d’informazioni! di tecnologia! di rappresentazioni visive! di monitor! di falsità ingegnerizzate! E il nostro fluire/la nostra Via appare ostacolato/intralciata quotidianamente bensì ininterrottamente giù verso strade anomale! verso spazi a-naturali? verso strade buie?

Perché (noi/voi) siamo costantemente guidati da individui parecchio malfermi/perniciosi?

Il nostro modus vivendi dovrà essere ricostruito/ricollocato; la “giusta misura” – piuttosto – verso quel modello di vita e di luce: di presenza nel mondo/di presenza a/corporea; non semplici astrazioni edonistiche.

Immaginavo – durante queste notti di stelle e d’acqua – che la ricollocazione nel mondo (secondo il mio télos) è un atto rivoluzionario, un fatto deciso e intatto. Il riposizionamento – puntuale e preciso – del “pensiero attivo” di noi esseri umani “è cosa buona e giusta”, secondo Ippolito Romano martire e antipapa (ipse dixit), affinché chiunque – in questo mondo – comprenda verso quale coordinata spazio/temporale dovrebbe reidratare il pensiero critico: come l’ultimo capo indiano. Sì, l’ultimo capo indiano che ricollocò le sue membra e indirizzò il suo sguardo sempre oltre le vallate e il dominante/tremendo/mortifero colonianismo; anche noi sotto le stelle, sotto le nuvole e sotto il sole – di pioggia e di infiniti crepuscoli – indirizzeremo la nostra vita, volteremo il nostro sguardo verso un secondo altrove: del tutto divergente dal cappio imperialistico-capitalistico economico/istituzionale/sanitario imposto. Costantemente. Atto tempestivo e necessario per la nostra esistenza: del nostro profluvio individuale: il fiume azzurro della vita: il fiume azzurro della vita. Sì, ma dove andremo? dove avanzeremo? seguiremo questo fiume?

Potremmo vivere reificando – a vuoto – ininterrottamente il nostro corpo e il nostro spirito? dove volgeremo i nostri occhi, il nostro Io? Ad lucem, semper.

Patisco profonda tristezza – forse melencolia o forse semplicemente spleen – per queste metamorfosi tecniche – nuove – kafkiane dell’uomo! Iacta alea esto!/si getti il dado! Cesare è/sarà perduto? Noi siamo/saremo perduti? Voi?

La massa filiforme, intrecciata ipnoticamente, costituisce le fondamenta solide del nuovo ordine scientifico: una massa consumatrice divoratrice di oggetti chimici e petrolchimici che s’annienta costantemente ogni giorno: quotidianamente e in modo preciso. Sottomessa e finalmente emancipata/affrancata. Dictatura gnam gnam!

Separati definitivamente dalla natura attraverso il non-concetto non-naturale dell’essere generalizzato – dell’essere reso amorfo: senza carattere: piatto – la nuova visione mefistofelica definirà il nuovo mondo su cui il nostro corpo e il nostro essere si poseranno: solo superfici euclidee decontaminate e asettiche. Le nostre mani non avranno imperfezioni, ma chiroteche plastificate; i fonti battesimali e le acquasantiere saranno vuote. Vuotissime. Nemmeno una stilla oculare di rosa e di sangue. Il dominus noster verrà abbattuto e sepolto per sempre, secondo il solenne rituale pontificium nostrum. Allora non penseremo più all’essere come essere ma come oggetto riutilizzabile per altri scopi/(o altre intenzioni!)? bizzarrie? capricci? o un preciso piano distruttivo: disumanizzante e a/spirituale? uno spirito da sempre mancato?

Perciò le nostre lacrime invaderanno il nostro petto? e gli unici fiori che regaleremo saranno quelli che sbocceranno lungo i bordi delle nostre sordide scarpe? Rarità.

Io all’interno della fibra cellulosica del lentischio, il vento ossequioso e i rami durante il chiarore notturno, la ricerca costante della solita e bella stella ancestrale, disgiunta nell’atto preciso della nostra nascita: del nostro abbandono amniotico. Il caldo profumo dell’anima e del nostro sé e il movimento delle api mellifere, lungo prospettive ataviche: profuse di visioni di dolci asprezze, di colori lucenti e di rifugi sfioriti.

Dall’umido dei semi nascerà una nuova visione e una nuova generazione di fiori! Vedremo un giorno rifiorire l’asfodelo dalle proprie ceneri, lo zafferano aprirsi definitivamente dalla terra secca e farsi oro e le canne e i giunchi agitarsi all’ombra del tramonto sotto l’ultimo quarto.

Percepirò una forza contrastante nell’etere, una brezza marina sconosciuta; ripercorrerò la strada illuminata artificialmente di nuova luce, seguirò il muretto a secco in pietra e mi ritroverò oltre/al-di-fuori del mio Io.

Mi persi lacerato internamente e non mi ritrovai più.

J. Òre

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