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Di Stefano: “fascismo e antifascismo? Non c’è nessuna guerra civile in atto: è una truffa montata ad arte per distrarci”

pubblicato il 01 Marzo 2018

Attualmente segretario nazionale di Casapound, Simone Di Stefano è nel pieno del turbinio vorticoso delle elezioni politiche che lo vedono concorrere come candidato premier di un partito nato dieci anni fa che, pur non riconoscendosi esplicitamente ed ufficialmente nelle categorie di destra e sinistra, va a collocarsi nell’area estrema della destra nazionale.

Questa campagna elettorale è stata caratterizzata dal ritorno in vita delle ormai superate classificazioni fascismo/antifascismo…

È un clima montato ad arte per cercare di spaventare gli italiani e convincerli a digerire il futuro governo tecnico: è una vecchia logica che abbiamo già visto negli anni. C’è chi soffia sul fuoco e, secondo me, chi paga la campagna elettorale ad Emma Bonino è proprio lo stesso che soffia sul fuoco per tentare di aizzare i cosiddetti “opposti estremisti”. Non c’è nessuna guerra civile in atto e spero che gli italiani lo abbiano capito: da questo punto di vista, direi piuttosto che quella in atto è una grande truffa. Ci vogliono convincere che la guerra civile è proprio fuori dalla nostra porta di casa e quindi, tutto sommato, sarebbe meglio votare per i vecchi partiti. Pur considerando l’appartenenza storica ed ideologica di Casapound alla politica del fascismo italiano, ci sono i cento anni di distanza a parlare. Noi non proponiamo alcuno Stato totalitario, ma ci riconosciamo nella bandiera tricolore e nella Costituzione e, anzi, pensiamo che proprio la Costituzione sia lo strumento con cui creare la nazione che vogliamo. Speriamo che in essa possano riconoscersi tutti gli italiani: facciamola finita con la storia della guerra civile e guardiamo al futuro; la guerra è finita settant’anni fa, abbiamo il dovere di andare avanti.

La posizione anti-euro e anti-Unione Europea di Casapound è ormai nota…

Nel nostro progetto di recupero di sovranità, vi è sicuramente anche l’idea di una nostra moneta e di una nostra banca centrale, di rompere i vicoli del pareggio di bilancio e di uscire dall’Unione Europea, che ormai è una sovrastruttura impossibile da riformare. Anzi, l’Unione Europea è stata congeniata totalmente per favorire la situazione economica che stiamo vivendo, dove il grande capitale la fa da padrone. Per noi abbandonare l’euro e l’Unione Europea è il primo passo da fare, perché essi sono irriformabili.

C’è una stretta connessione tra economia e lavoro, nel vostro progetto politico?

Si, perché c’è un collegamento diretto tra Unione Europea, euro e lavoro: con una nostra moneta potremmo, ad esempio, tornare a fare degli investimenti pubblici, necessari per far ripartire la situazione dal punto di vista economico, sia per quanto riguarda l’abbassamento delle tasse ai piccoli imprenditori, che non riescono più a sopravvivere con una pressione fiscale di questo tipo, sia aumentando i servizi sociali, soprattutto con le assunzioni nel comparto pubblico.

Cioè?

Tanti ragazzi e giovani non hanno un lavoro, ma c’è anche tanta gente che esce dal mondo del lavoro a quaranta, cinquanta anni, e poi non riesce più ad entrare. Si dovrebbe valutare la possibilità di impiegarli nel settore pubblico proprio per generare quel lavoro e quella piena occupazione così come sono stabiliti dalla Costituzione. L’idea è quella di una moneta sovrana utilizzata come strumento per far ripartire la nazione e far tornare l’Italia ad essere quella che era un tempo: ovvero la quarta economia del mondo.

L’immigrazione è un altro dei temi “protagonisti” di questa campagna elettorale. Quali sono le vostre proposte in merito?

Al momento è necessario assolutamente fermare i flussi, quali che siano e qualunque che sia la provenienza. Bisogna iniziare a fare dei piani di sviluppo in Africa per cercare di far tornare indietro le persone: questo si può fare se sei uno Stato sovrano e se hai la tua moneta e la tua capacità di bilancio. L’acquisto di prestigio conseguente faciliterà la realizzazione di accordi bilaterali che potranno consentire all’Italia di tornare in Africa a costruire le infrastrutture necessarie a liberare quegli Stati sovrani dalle multinazionali e dal capitale che li opprimono. Magari, poi, quelle infrastrutture e quei piani di sviluppo verranno fatti tramite accordi precisi in cui si chiede che le nazioni possano riprendersi i giovani, che oggi si trovano nei centri di accoglienza, a lavorare su quei territori e a costruirsi le proprie case. Abbiamo disperatamente bisogno che in Africa esistano Stati sovrani e liberi, che siano degni di questo nome e che possano costruire e sviluppare il loro futuro nelle terre di appartenenza.

Cosa pensa Casapound dell’attuale centrodestra?

In generale, daremo il nostro appoggio a qualsiasi governo che propugnerà l’uscita dell’Italia dall’euro, di qualunque area politica esso sia. Più tecnicamente, però, credo che con questa legge elettorale non possa vincere nessuno e mi pare un paradosso pensare che possa esistere un governo di centrodestra. Se anche dovesse vincere il centrodestra, dubito fortemente che ci siano Matteo Salvini e Alberto Bagnai a gestire l’economia. La grande truffa di queste elezioni è che Salvini va in giro dicendo che, se dovesse prendere un voto in più di Berlusconi, quest’ultimo gli lascerà carta bianca e la possibilità di fare ciò che vuole. E invece è proprio il contrario: se dovesse succedere questo, Berlusconi avrà solo una scusa in più per fare un governo tecnico o di grande coalizione. Questa è a mio avviso l’ipotesi più plausibile: la legge elettorale non consentirà a nessuno di vincere queste elezioni. Oppure, penso anche che probabilmente ci ritroveremo un altro Brunetta ed il solito impianto liberista del centrodestra, che a noi fa letteralmente schifo.

È importante ripartire dall’interesse nazionale?

È essenziale, è tutto. Per noi è preminente: lo abbiamo scritto a chiare lettere anche nel nostro programma. Dobbiamo ripartire dall’interesse nazionale e avere l’interesse nazionale come stella polare dell’attività politica, perché questo poi si riverbererà su tutto il resto: sullo stato sociale, sull’economia, sulla geopolitica. L’interesse nazionale è la parola chiave del futuro di questa nazione.

A. Pepa

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