Temi dell'Agorà / Eventuali e varie

ELEZIONI IN RUSSIA: FENOMENOLOGIA DI KSENIJA SOBCHAK, IL CANDIDATO DELLA SOCIETA’ DELLO SPETTACOLO

pubblicato il 16 Febbraio 2018

In occasione delle elezioni presidenziali che si terranno in Russia il prossimo 18 marzo, il mainstream occidentale ha già scelto, e da tempo, colui che considera il proprio candidato, ovvero il “candidato della democrazia” (secondo l’assunto, caratteristico della neolingua postmoderna, secondo cui democrazia coinciderebbe con il massimo possibile di spettacolo e intrattenimento televisivo) per “sfidare” quello che il circo politico-giornalistico neoliberale definisce il “regime di Putin”. Questo candidato è nientemeno che Ksenija Sobchak, 36enne nota socialite, figlia dell’ex sindaco “democratico” (cioè, filoccidentale) di San Pietroburgo, Anatolij Sobchak e starlette americana della società dello spettacolo e dei reality-show in Russia. La parabola politico-pubblicitaria di Ksenija Sobchak è caratteristica di quei personaggi che cercano, continuamente, di piazzare al miglior offerente il proprio, più o meno risicato, capitale intellettuale nella speranza di conquistarsi uno strapuntino di visibilità massmediatica nel novero del circo televisivo e dell’internet degli intrattenitori semicolti attorno a cui l’industria contemporanea del consenso e del gossip costruisce un’immagine patinata e che si pretende cool e glamour. Nel 2008, come si può leggere sul tabloid liberal-progressista L’Espresso, Ksneija Sobchak si presentava in pubblico quale sostenitrice di Vladimir Putin, «indossando una t-shirt con il volto di Putin» e definendo il leader del Cremlino «il mio amato premier». La parabola politico-mediatica di Ksenija Sobchak fu altresì descritta, sin dal 2012, sempre da L’Espresso, in questi termini:

Bionda, occhi azzurri, una laurea in scienze politiche, aspetto un po’ sventato da teenager e glamour da vendere, Ksenia era nota sino allo scorso anno solo come starlette televisiva con incursioni in vari campi: attrice nel film “Ladri e prostitute”, ispirato alla sua movimentata giovinezza, autrice di alcuni libri che non resteranno nella storia della letteratura (“Come sposare un milionario” e “La filosofia nel boudoir”, proprio come, rispettivamente, il film con Marilyn Monroe e il libro del marchese de Sade), designer di una sua linea di scarpe e vestiti, cover girl per riviste come “Playboy” e “Maxim”.  Ma deve la sua notorietà alla conduzione di programmi televisivi, in particolare il reality show “Dom-2”, l’equivalente del “Grande Fratello”, che qui in Russia hanno ribattezzato “Il grande Bordello” per le esplicite scene di sesso in diretta. Del resto la capricciosa Ksenia, abituata a frequentare oligarchi e pop star, ama scandali e provocazioni: una volta alla TV nazionale ha lodato i pregi della masturbazione nella vasca da bagno.

Ksenija Sobchak poteva dunque vantare un background “artistico” annoverante, come scrisse L’Espresso, «dieci anni di volgarità», tanto è vero che, quando nel 2012, codesta starlette si reinventò (o meglio, fu reinventata ad hoc dal mainstream occidentale) a guisa di “leader dell’opposizione” in Russia, «fu sommersa di fischi» nel momento in cui cercò, per la prima volta, di parlare dinnanzi a un manipolo di manifestanti contestatari. Ksenija Sobchak fu protagonista di reality show nettamente improntati al modello americano dell’entertainment e della fabbrica delle illusioni, dai titoli inequivocabilmente studiati ad arte per vellicare gli istinti più meschini e codardi volti all’acquisizione individuale di denaro, sesso e successo all’interno del perimetro stabilito dalla società dello spettacolo: “Chi NON vuole essere milionario?” e “La Dolce Vita di una Bionda”. Nel 2017, Ksenija Sobchak affermò di aver guadagnato 2,1 milioni di $, a fronte dei 2,8 milioni guadagnati negli anni precedenti. Nel 2012, durante un controllo di polizia avvenuto nella propria abitazione, a Ksenija Sobchak furono sequestrati 1 milione di euro, 480 mila dollari e 480 mila rubli «chiusi in oltre cento buste». Alla faccia dei liberal che usano, da buoni snob, prendersi giuoco dei “bifolchi di campagna” avvezzi, in passato, a nascondere in casa i proventi del lavoro contadino, Ksenija Sobchak escogitò, per giustificare quell’accumulo equivoco di denaro ammonticchiato “nel materasso”, come si suol dire, una trovata degna del più gretto, retrivo e malfidato dei provinciali: Ksenija Sobchak disse infatti, come riporta L’Espresso, che «teneva quei soldi in casa perché, come molti russi, non si fida delle banche […]. Il sospetto è che possa finanziare le proteste e che comunque non li abbia dichiarati al fisco, evadendo le tasse». Ksenija Sobchak è il personaggio che, in Russia, antropologicamente meglio si presta a recitare il ruolo di candidato prediletto del circo politico-mediatico occidentale. Ksenija Sobchak è infatti una socialite i cui profili Facebook e Instagram sono molto cliccati dai teenager americanizzati fuori e dentro la Russia, e si connota come il prodotto umano più “accattivante” di quella upper class privata moscovita e pietroburghese nel cui lessico la parola “milionario” risulta indubbiamente quella più pronunciata. D’altronde, una che scrive un libro dal titolo “Come sposare un milionario” non può che risultare assai gradita a una pseudo-élite intellettuale occidentale che considera il femminismo la possibilità di accesso, “per tutte le donne”, ai dispositivi capitalistici di controllo, addomesticamento e sfruttamento collettivi caratteristici della società di mercato. Il mondo occidentale degli analisti simbolici, ovvero, per dirla con il sociologo Carlo Formenti, «la nuova classe manageriale che si muove e pensa velocemente, le élite mediatiche e accademiche che svolgono un ruolo essenziale nella fondazione del nuovo regime di legittimità» neoliberale, ha cooptato Ksenija Sobchak tra i suoi ranghi poiché, costei, in Russia, è il candidato di riferimento di quei ceti giovanilistici, urbani e open mind «i cui interessi convergono con quelli delle élite emergenti». Il pubblico di riferimento di Ksenija Sobchak (e, in un certo qual senso, i suoi potenziali elettori) era infatti composto, secondo quanto afferma il quotidiano La Stampa, da «ragazzi con un’istruzione medio-alta, cioè studenti universitari o giovani laureati, e che vivono in grandi città» e che, come orizzonte di vita, bramano più che altro viaggi e divertimento immediati all’estero. Ksenija Sobchak appare dunque come un candidato capace, in Russia, di rappresentare un punto di saldatura tra gli interessi del capitalismo cognitivo-finanziario e la knowledge class autoctona. Ovviamente, Ksenija Sobchak è il beniamino della frazione più smaccatamente élitaria e americaneggiante della upper class privata moscovita e non rappresenta, in alcun modo, il “candidato dei giovani”. In Russia infatti, stando a quanto riporta il quotidiano La Stampa, «il 65 per cento dei ragazzi tra i 18 e i 23 anni sostiene l’attuale presidente» Vladimir Putin. Soprattutto, Kseija Sobchak era la candidata ideale del partito transnazionale della Nato e della Ue, cioè di tutti coloro i quali, in Occidente, appartenendo alle classi speculative e danarose che vedrebbero i loro profitti e rendite gravemente danneggiati dall’innesco di processi di deglobalizzazione, avvertono le masse circa l’importanza di votare, sempre e comunque, per chi propone “più Europa” (ovvero, più capitalismo liberale e più privatizzazioni). E Ksenija Sobchak, in Russia, col suo programma iperliberista, proponeva proprio questo: capitalismo liberale, privatizzazioni, disimpegno militare del Paese dallo scacchiere siriano, revoca dei risultati del referendum in Crimea del 16 marzo 2014 nonché, dulcis in fundo, adesione della Russia alla Nato e all’Unione europea. Il 6 febbraio 2018, infatti, Ksenija Sobchak si recò a Washington, per un tour promozionale all’estero studiato apposta per accreditarsi in Occidente come il candidato più affidabile in vista delle elezioni del 18 marzo. Ksenija Sobchak tenne alcuni discorsi presso il Centro per gli Studi Strategici e Internazionali e il National Press Club di Washington, in cui perorò, con le parole che seguono, l’ingresso della Russia nella Nato e nell’Unione europea:

Penso che un buon modo di fare le cose sia avere l’intenzione e fare di tutto per far parte del sistema della Nato, per abbracciare la Nato […]. Lo stesso vale per abbracciare l’Unione Europea perché facciamo parte di questo sistema europeo e condividiamo molte sfide con gli americani e gli europei.

Ksenija Sobchak veniva ripetutamente definita “anticonformista” e “rivoluzionaria” dal mainstream occidentale. Che cosa possa esserci di anticonformista e rivoluzionario in un programma elettorale veicolato da chi, in un mondo sottoposto a egemonia militare Nato e a egemonia economica di un pugno di oligarchi transnazionali privati, chiede “più Nato” e “più privatizzazioni”, resta un mistero grottesco che, forse, un giorno i chierici del mainstream pro-Ue avranno la bontà di rivelarci. Nell’attesa, è la stessa Sobchak a toglierci le castagne dal fuoco e a farci sapere, apertamente: «Non sono una rivoluzionaria». Ksenija Sobchak è infatti l’esponente privilegiato, in Russia, del partito del denaro e dei ceti filoccidentali, con un rating elettorale di circa l’1 per cento dei consensi pubblici. E d’altronde, nella storia, lo diciamo a futura memoria di quei giornalisti liberal che intendono la rivoluzione come un surplus di privatizzazioni economiche e di allargamento della Nato a Est, non s’è mai visto un rivoluzionario brandire la causa economica e militare delle oligarchie né, tantomeno, un anticonformista intento a condurre o a far da concorrente in uno dei tanti programmi televisivi studiati apposta dall’industria americana dell’entertainment per distratte, ottundere e sopire le masse nonché per calmierare oltremodo il dissenso potenzialmente antiglobalista.

P. Borgognone

Condividi questo articolo

Partecipa alla discussione

Articoli correlati: