Vengo accusato spesso di essere un “antipatizzante” dell’Europa. Non è assolutamente vero. Sono contrario a questa Europa cieca e burocratica che passa il tempo a occuparsi della lunghezza degli zucchini e del fiscal compact e di tutto quello che può complicare la vita ai cittadini. Proprio perché sono un europeista convinto non smetto di lanciare l’allarme.
I primi ad essere penalizzati dai risorgenti nazionalismi sono proprio le fasce più deboli della popolazione. Quelle che sempre pagano quando c’è un problema. Considero l’euro una sventura perché rappresenta il punto di svolta: fino alla sua nascita far parte della comunità europea era considerato un obiettivo politico cui far convergere la volontà popolare. Non a caso dai sei membri originari erano saliti a ventotto. Ora, non c’è più nessuno che bussi alla porta e nel frattempo il numero dei componenti è sceso a ventisette.
I miei continui richiami a questi pericoli servono a mettere in guardia contro i rischi di una rottura traumatica dell’euro che porterebbe certamente alla frantumazione dell'Unione Europea. Un rischio che vedo avvicinarsi ogni giorno di più. Le difficoltà di Angela Merkel confermano le mie previsioni.
Siamo messi molto male se viene destabilizzata anche la Germania, il Paese che più ha tratto vantaggio dalla moneta unica. Angela Merkel, invece, rischia di andare a casa per la semplice ragione che i tedeschi si sono stufati di lei e vogliono cambiare pagina.
La trappola in cui è caduta la cancelliera è costruita sulle sue incertezze. Divaga sui migranti (prima ha spalancato le porte e poi è stata costretta a chiuderle velocemente) e anche sull’euro che resta una costruzione artificiale. Non c’è nessuna garanzia che la moneta unica possa superare una crisi simile a quella del 2011. Gli argini costruiti in questi anni sembrano troppo fragili per resistere ad un’altra piena sul debito. Ma soprattutto a erodere della sua leadership è stato l’ingresso in Parlamento della rappresentanza di Alternative für Deutschland (Afd), la formazione dichiaratamente nazionalista che combatte le frontiere aperte e la moneta unica. Ha raccolto circa il 13 per cento dei voti rendendo il Paese ingovernabile. Per un popolo che ha fatto della stabilità la sua essenza è una novità epocale.
Non sappiamo come finirà anche se è forte il dubbio che, a Berlino, per uscire dal vicolo cieco sarà necessario il sacrificio politico della cancelliera.
Il problema, però, è più ampio e riguarda tutta l'Unione europea. Basta guardarsi intorno per capire. La Germania vive momenti di crisi politica come mai era accaduto dalla fine della guerra in avanti. La Spagna è divisa e, secondo i sondaggi, gli indipendentisti sono in vantaggio nelle prossime elezioni in Catalogna. La Gran Bretagna è addirittura uscita dalla Ue. Minaccia di farlo il Gruppo di Viesegrad (Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia) cui si è avvicinata anche l’Austria dopo le ultime elezioni politiche. Alle prossime elezioni politiche italiane il Movimento Cinque Stelle potrebbe essere il primo partito italiano senza mai aver chiarito fino in fondo le sue posizioni né sull’immigrazione né tantomeno sull’euro. Infine le votazioni per le due agenzie finite al ballottaggio.
L’Europa, in queste condizioni, non andrà avanti ancora per molto. E questo sarà un male per tutti i cittadini.
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