L’esito dei processi che coinvolsero Giordano Bruno (Nola, 1548 – Roma, 1600) e Galileo Galilei (Pisa, 1564 – Arcetri, 1642) è noto a tutti: condannati entrambi per eresia, il Nolano fu arso vivo a Campo de’ Fiori, mentre lo scienziato pisano preferì la via dell’abiura.
Il contesto italiano, da sempre poco incline a favorire la libertà di pensiero, non ha mai ammesso vie di mezzo fra l’eroe e l’antieroe.
Tuttavia, non si deve commettere l’errore di vedere in Galilei soltanto l’antieroe da contrapporre all’eroico Bruno. Abiurando, Galilei ha semplicemente mostrato di essere uno scienziato e non un filosofo. L’antieroismo della scienza ha a che fare con la sua stessa natura: che senso avrebbe avuto morire sul rogo per difendere la verità del copernicanesimo?
Il fatto che la Terra si muova attorno al Sole, che sta immobile, è verificabile e, proprio in quanto tale, è oggetto di indagine scientifica. In effetti, nonostante l’abiura galileiana, il vecchio sistema tolemaico-aristotelico entra sempre più in crisi.
Al contrario, la tesi bruniana degli “infiniti mondi” non è né sarà mai verificabile e, dunque, oggetto di scienza, perché abbiamo sempre a che fare con il finito o, se si preferisce, con l’indefinito e mai con l’infinito in quanto tale.
L’infinito non può essere oggetto di esperienza, ma soltanto di speculazione o – perché no? – di fede. Questa triste vicenda ci mostra, in primis, che non è possibile fare a meno della filosofia. Anche la scienza ha bisogno del pensiero filosofico. Infatti, una comunità scientifica opera pur sempre in una società e meno tale società è libera, tanto più essa ha bisogno del coraggio della filosofia.
Pertanto il potere costituito odia la parresia del filosofo. Non a caso l’unico a prendere le difese di Galilei fu proprio un filosofo, Tommaso Campanella, che nel 1616 – mentre si trovava in carcere – scrisse coraggiosamente una Apologia pro Galileo. Mettere a morte la filosofia significherebbe darla vinta a chi ci vuole dominare e sfruttare. Soltanto una mentalità molto lungimirante potrebbe capire quanto sia necessario valorizzare la ricerca filosofica, stanziando per lo meno tanti fondi quanti quelli (comunque insufficienti) destinati alle cosiddette “scienze dure”.
Piuttosto che terrorizzare i giovani, sottolineando costantemente il fatto che le materie umanistiche siano “inutili” e poco spendibili nel mercato del lavoro, occorrerebbe ricordare che è alla filosofia che dobbiamo certi valori che noi oggi reputiamo fondamentali: libertà, uguaglianza, tolleranza, solo per citarne alcuni.
Si sa: l’essenziale è invisibile agli occhi. Ma oggi, che il potere – prima ancora dei corpi – colonizza le coscienze, non si vede neanche col cuore.
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